Intervista a Bobby Solo: 51 anni di carriera e non sentirli..

Cube Magazine ha incontrato Bobby Solo in occasione del suo concerto al Teatro dei Fluttuanti di Argenta e gli ha fatto qualche domanda.

Bobby Solo quest’anno festeggia i 51 anni di carriera e vederlo sul palco del Teatro dei Fluttuanti ad Argenta, una cittadina del ferrarese e della bonifica, ci ha riscaldato il cuore. Tanto entusiasmo, altrettanta autoironia nel raccontare gli episodi della sua lunga vita artistica. Ma ciò che più ci ha stupito è la sua grande voglia di suonare, di regalare ai pubblico scampoli della sua bravura, con una modestia ed una semplicità che oggi è difficile da ritrovare.
L’abbiamo intervistato poco prima dello spettacolo e questo è ciò che ci ha raccontato.

CM: Roberto, mi sono sempre chiesto, come fa un cantante che ha avuto tanto successo a continuare a proporre le stesse canzoni del passato. Non ti viene mai voglia di dire: questa sera ragazzi vi propongo qualcosa di diverso?
Bobby Solo: «E’ ovvio, tanto e vero che ogni tanto lo faccio. Dipende dal pubblico che ho di fronte. Se mi trovo quello della mia generazione è normale che io faccia il vecchio repertorio, diversamente tendo a spaziare. Del resto se io vado a sentire Paul Anka, che ormai ha 74 anni, voglio sentire Diana, perché quello è il brano che mi ricorda la mia adolescenza quando ballavo con le ragazzine e quindi scatta l’operazione nostalgia. Chi ha 70 anni ha già tanti problemi e credo che se viene ad un mio concerto non abbia voglia di seguire una mia eventuale evoluzione artistica. Voglio sottolineare, comunque, che in questi 50 anni io non mi sono fermato a una Lacrima sul viso, anzi ho cercato di progredire e questa produzione magari la indirizzo ai ragazzi di 25 o 30 anni, che magari vogliono ascoltare anche qualcosa di diverso».

CM: Se tu dovessi nascere oggi come artista, quale genere ti piacerebbe affrontare?
BS: «Sicuramente il blues. Perché lo considero una forma musicale estremamente emotiva, comunicativa ed affascinante. Sono tre accordi stupidi che devono diventare magici».

CM: Oggi la strada più breve per iniziare una carriera artistica è quella dei talent show. Tu cosa ne pensi?
BS: «Penso che il talento non vada esaminato come ad un esame di stato o come un processo con i magistrati. La strada un artista dovrebbe trovarla da solo. Ai nostri tempi io, Gianni Morandi, Rita Pavone, Adriano Celentano andavano nei locali, magari avevamo un pubblico di 20 persone, che andava a casa soddisfatto. La volta dopo il numero raddoppiava e così via. In poche parole sfruttavamo il passaparola. Poi arrivava il cacciatore di talenti che ci arruolava. Il talent mi sembra un plotone di esecuzione spaventoso. A parte il fatto che tutti sappiamo che gli esperti non contano nulla, semplicemente perché il pubblico non è esperto. Quindi o noi facciamo i pezzi per i primi e rischiamo di accontentare il 10% della platea. Meglio accontentare la grande massa, che magari non è esperta ma compra i dischi. Proprio per questo sono molto contento di essere nato quando ancora non esistevano questi programmi».

CM: E la televisione?
BS: «Purtroppo regge il gioco degli impresari e degli sponsor. Nei giorni scorsi ho incontrato un ragazzo che ha partecipato ad un famoso talent show. Facendo quattro chiacchiere con lui mi ha confessato che il suo cachet per una serata è di oltre 4.000 euro, ma alla fine lui ne intasca meno del 10%. Questa è una vera propria tratta degli artisti, una cosa immorale»

CM: Facciamo due passi indietro ed andiamo agli inizi della tua carriera. Non hai mai negato di esserti ispirato ad Elvis Presley. L’hai mai conosciuto?
BS: «Purtroppo no. Sono andato nella sua villa dove lui è nato… più che una villa era un capanno di legno di 10 metri per 4, con il gabinetto nel parco. Elvis era una persona di modestissime origini ed ho avuto un tuffo al cuore. Per fortuna ho potuto respirare la sua anima».

CM: Quando hai scritto Una lacrima sul viso, tu non eri ancora registrato alla Siae. Quanto hai guadagnato da questo pezzo che ha venduto milioni di copie?
BS: «Mi hanno rubato tutto. Ho preso solo le briciole. Il grosso della vendita (11 milioni di dischi ndr) si è consumato nei primi due anni ed io purtroppo non ho potuto godere di questo grande successo. Ma sono in buona compagnia. Anche i Deep Purple sono stati derubati di 200 milioni di dischi. E’ un classico».

CM: Ti ricordi ancora il tuo debutto sanremese?
BS: «E come non potrei. Allora fu un grande scandalo, perché l’emozione mi giocò un brutto scherzo e rimasi senza voce. Fui il primo artista a cantare in playback e questo mi impedì di vincere il Festival. Ma quell’edizione sarà ricordata anche per le dicerie sul mio conto su un’eventuale omosessualità. Per emulare Elvis, mi truccai e il rimmel iniziò a colare sul mio volto. Ci pensò mia madre a tacciare le maldicenze dicendo ai giornalisti: date a mio figlio le vostre tose e vedrete come le aggiusterà».

CM: Sei stato e sei un “pigmalione” di artisti famosissimi…
BS: «Ho avuto la fortuna di tenere a battesimo Laura Pausini e anche Anna Tatangelo, quando ancora aveva 16 anni. Del resto è accaduto lo stesso per me. Anche io ho avuto una madre artistica eccezionale: Nilla Pizzi».

CM: Il tuo futuro come lo vedi?
«Io spero di poter rimanere il più a lungo possibile accanto a mia moglie e mio figlio, perché ho 69 anni e vorrei godermi questo regalo del cielo che ha 17 mesi ed è la cosa più bella che mi è accaduta nella vita, più della Lacrima sul viso. Condivido questa emozione con i miei figli, nati quando ero giovane. Allora ero sempre in tournee nel mondo e non ho potuto fare il padre attento come avrei dovuto. Per cui chiedo scusa a loro, anche se già l’hanno fatto perché adorano il loro fratellino».

Se abbiamo incontrato Bobby Solo è merito di Fabrizio Masotti e Alberto Pagani della Blu Village Management e Mister F Spettacoli di Ravenna ha intrapreso un interessante percorso di riscoperta dei miti degli anni ’70-’80.

CM: Signor Casotti come è nato questo progetto?
Fabrizio Masotti: «Si tratta di una collaborazione nata con l’associazione Arcigay Lgbdq & Friends “Frida Byron, che promuove in varie forme la parità di diritti e dignità di tutte le persone. La nostra idea è quella di ritornare al passato proponendo questi artisti che hanno ancora tantissime cose da dire ed hanno sulle spalle quell’umiltà che la musica di oggi dovrebbe ritrovare. Il momento storico, sociale e politico che stiamo vivendo è difficile. Questo ritorno ai tempi del boom economico è bellissimo. Senza dimenticare che rimango incantato a vedere artisti come Roberto (Bobby Solo) che salgono sul palco e si montano gli strumenti. Questo mi dà la voglia e lo stimolo di insistere, perché so che stiamo dando l’opportunità ad un artista di lavorare, senza fisime, senza alcuna pretesa».

CM: Come è composto il vostro management?
FM: «Siamo in quattro e lavoriamo davvero tantissimo. Facciamo molti servizi dall’ingaggio alla promozione».

CM: Che risposta dà la gente alle vostre proposte?
FM: «Abbiamo iniziato per gioco in un ristorante e la cosa ha funzionato bene, perché la gente che viene ai nostri concerti la pensa esattamente come noi. Nei tempi passati si stava bene, ci si voleva bene e vogliono riviverli. Non parliamo di persone giovanissime, ma di un pubblico con tanto entusiasmo e ancora con qualche soldino in tasca che vuole vivere le emozioni perse».

CM: Quali altri cantanti avete nel vostro carnet?
FM: «Prossimamente avremo Fausto Leali, Andrea Mingardi, Ivan Cattaneo, Alberto Radius e i Formula Tre. Gente che ha fatto la storia della musica italiana. Qualità che spero anche i giovani possano riscoprire. D’altra parte se i Negramaro mi propongono una cover di Don Backy, questo mi riempie di speranza. Vuol dire che anche le nuove generazioni hanno voglia di cercare una traccia che viene dal passato».

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