Take That live a San Siro: un concerto indimenticabile – recensione

Il 12 luglio 2011 i Take That compreso Robbie Williams hanno conquistato San Siro con la tappa italiana del Progress Tour. Leggi la recensione.

Il 13 febbraio 1996 è una vigilia di San Valentino che un thatter non ha mai dimenticato: fu il giorno in cui i Take That, già orfani di Robbie Williams, interruppero il sogno di migliaia di fan in tutta Europa, annunciando il loro definitivo scioglimento.

Negli ultimi anni, in cui molte band del passato si sono riunite, per ognuno di quei thatter, ormai grandi, magari sposati e con qualche rughetta in più, il sogno di un Tour dei Fab Five (Fantastici 5, così li chiamava la stampa ai tempi di Everything Changes) si è fatto sempre più vivo. Inutile cercare di esprimere la gioia e la fermentazione che ha suscitato l’annuncio di un album e un tour con Robbie Williams insieme ai suoi vecchi compagni. Per parecchi mesi i thatter si sono preparati all’emozione di rivedere (o magari vedere per la prima volta come nel mio caso) i Take That nella formazione completa, ma nessuna aspettativa poteva immaginarsi lo spettacolo che ieri sera, 12 luglio 2011, ha intrattenuto le oltre 50 mila persone accorse allo Stadio San Siro.

La giornata era caldissima, ma lo stadio ha iniziato ad essere ancor più incandescente già dall’esibizione della band di supporto, i Pet Shop Boys, duo britannico di musica synthpop, che ha riproposto alcune delle proprie hit degli anni ’80 e ‘90 come la famosissima Go West, cantata e ballata da tutto il pubblico, Suburbia ma anche canzoni dall’ultimo album come Love etc. e Together.

Finalmente, dopo un emozionante countdown sullo schermo di un enorme computer riprodotto nella scenografia, arrivano sul palco Mark Owen, Gary Barlow, Jason Orange e Howard Donald. Il concerto è suddiviso in tre blocchi, il primo dei quali vede i quattro Take That che iniziano con la ballata Rule the world, già colonna sonora del film Stardust. Seguono Greatest Day, Hold up a light, Patience e Shine, quest’ultima viene ballata e cantata con una scenografia ispirata ad Alice nel paese delle meraviglie, con la band in variopinti costumi e tantissimi ballerini con una coreografia di contorno, che sposta l’attenzione del pubblico sulla piattaforma all’estremità della “lingua” di palco che attraversa tutto il parterre di San Siro.

Shine introduce il secondo blocco dello spettacolo, nel quale arriva, in un modo davvero travolgente, Robbie Williams letteralmente volando dall’alto della scenografia, che con la sua Let me entertain you ha fatto saltare tutto lo stadio in un tripudio di urla e applausi. Con le sue facce da ragazzaccio indomabile e sempre giovane, ha divertito il pubblico con mosse spesso maliziose, come è solito fare nei suoi tour da solista. Poi è stato il momento di Rock DJ seguito dalla più melodica Come Undone e da un momento di memoria dell’ultima volta che si è esibito a San Siro: era il il 2006 e l’Italia era da poco campione del mondo di calcio. Quindi Robbie ha incitato la folla a cantare il famoso “Po po po po” ormai inno di quella vittoria che, come dice commosso alla folla, ha sentito anche un po’ sua perché, anche se inglese, si sente “figlio d’Italia”.

Dopo una divertentissima interpretazione di Figaro, e della intensa Feel, che ha cantato sospeso sulla folla su una piattaforma che gli permetteva di toccare le mani alle fan in delirio, è stata la volta di Angels, che ha caratterizzato il momento più toccante dell’intero concerto, con un Robbie commosso che dedica la canzone a chi non c’è più e veglia i cari ancora in vita.

Giunti al terzo blocco è il momento della reunion sul palco dei Fab Five, che nemmeno la pioggia improvvisa che ha iniziato a scrosciare sullo stadio ha impedito. I Take That si esibiscono quindi nelle canzoni contenute in Progress e Progressed come The flood, con acrobati appesi sul palco da corde elastiche mentre erano sommersi da cascate d’acqua che scendevano per tutta la scenografia, SOS, Underground Machine, Kidz, durante la quale Robbie ha eseguito un rap ad accompagnare una “lotta” di hip hop tra Jason e Howard, e Pretty Things, nella quale la ballerina Cindy Jordan ha volteggiato danzando per tutto lo stage.

È quindi il momento dei ricordi, di intonare quelle canzoni che ogni thatter ha nel cuore:  Million Love Songs, Babe, Everything Changes, Back For Good e Pray. Si continua poi con la nuova Love Love per terminare questa parte dello spettacolo con Never Forget. I Take That tornano poi sul palco per concludere lo spettacolo con No regrets, Relight my fire e Eight letters.

Se penso ad un aggettivo per questo concerto, certamente la prima parola che mi viene in mente è indimenticabile. Curato nel suo aspetto scenografico in ogni minimo dettaglio, con fuochi, coriandoli, un palco in continuo mutamento, questo Progress Tour ha sicuramente un aspetto che colpisce uno spettatore più attento: lo show racconta infatti, la storia del gruppo, e lo fa attraverso i blocchi in cui è suddiviso, la scelta delle canzoni e soprattutto l’enorme struttura a forma umana seduta nel centro del palco principale. Si parte a raccontare la storia della band partendo dalla reunion avvenuta nel 2007, con le canzoni degli album Beautiful world e The Circus, con i soli Mark, Jason, Howard e Gary.

Poi si fa un salto indietro nel tempo, e lo spettacolo ci ricorda i maggiori successi da solista di Robbie, quando nel lontano 1995 lasciò il gruppo, partendo dai primi singoli per arrivare all’apice del successo con Angels, decretata la canzone più bella degli ultimi 25 anni durante i Brit Awards del 2005. Si arriva quindi alla vera e propria reunion di tutti e cinque con la simbolica entrata nel palco dall’alto: Robbie, infatti a differenza degli altri membri che scendono con una piattaforma mobile, si butta a testa in giù legato ad una fune per i piedi, nella famosa posa della copertina del suo album Escapology, quasi come a significare che non vuole più scappare, ma torna con i vecchi amici sul palco per rivivere le emozioni di un tempo. È infatti lui che ci dice «This is progress», questo è un progresso, come a indicare che dopo la strada che hanno fatto, ora sono tornati insieme e con Never Forget e No regrets è come se i Take That ci dicessero che non hanno rimpianti e che non dimenticheranno mai quello che sono stati insieme come band e anche il periodo passato come solisti, perché ogni cosa, li ha condotti qui, in questo stadio a condividere con migliaia di fan un sogno durato 15 anni.

È nel momento in cui nel terzo blocco i Fab Five cantano le nuove canzoni di Progress e Progressed che la struttura a forma di uomo gigante, inizia a muoversi e lentamente ad alzarsi, fino a restare in piedi al centro del parterre dello stadio con le braccia aperte in un simbolico abbraccio verso tutti quei fan che attraverso gli anni, da Take That and Party fino ad arrivare a Progressed, non li hanno mai abbandonati.

Il concerto finisce quando la band, dopo aver salutato il pubblico, scompare dietro al backstage, e l’ultima immagine che San Siro vede è Robbie e Mark che si abbracciano uscendo dal palco, gesto non nuovo ai thatter memori dell’amicizia che da sempre lega i due. Con questa immagine sui mega schermi, si spengono le luci su quello che è stato sicuramente IL concerto dell’anno, nella speranza che questo non sia un addio, ma un arrivederci.

 

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